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Quando la Filarmonica Giuseppe Verdi di Empoli riuniva folle oceaniche festanti. Il concorso di Viareggio. – di Paolo Santini

La banda nel 1910Solo quattro anni erano trascorsi dalla nascita della “nuova filarmonica” empolese, – nuova per distinguerla da quella vecchia, ancora viva e vegeta all’epoca – poi intitolata a  “Giuseppe Verdi”, che la formazione composta da tanti giovani entusiasti e guidata da Lionello Cecchi, figlio dell’indimenticato maestro Giuseppe Cecchi, sentì subito il bisogno di mettersi alla prova. E dopo i celebrati successi cittadini, i dirigenti decisero che era arrivato il momento di varcare i confini provinciali per esibirsi in una prestigiosa kermesse per bande, nientemeno che a Viareggio. Era il 1912, agli albori degli anni ruggenti della perla della Versilia. Per l’uscita viareggina i musicanti della Nuova Filarmonica si prepararono a porte chiuse, le numerose prove si svolsero in gran segreto e anche il programma rimase fino alla fine sconosciuto ai più. Si trattava della prima uscita dai confini della Toscana centrale, e la Filarmonica questa volta si sarebbe trovata a competere con formazioni di città molto più grandi, con organici più completi e meglio organizzati. Fu così che la Nuova Filarmonica Empolese, diretta da Lionello e Antonio Cecchi, partì domenica 18 agosto alla volta di Viareggio. La Filarmonica a pieno organico, con l’inserimento dei due figli del Cecchi e di altri bravi musicisti dagli illustri antenati, sarà diretta da un maestro non empolese molto noto, Giovanni Falorni, che guiderà il sodalizio nell’esecuzione dei due pezzi prescelti, la celebre sinfonia Peter Schmoll di Weber e la marcia Italia di Giuseppe Cecchi. La trepidante attesa degli empolesi esplode in gioia incontenibile all’arrivo della notizia, nel pomeriggio del lunedì 19, della strepitosa affermazione della Filarmonica. Una folla festante era ad attendere i musicanti al loro ritorno presso la stazione di Empoli nella serata di lunedì. «La sera del Lunedì 19, alle ore 23, – leggiamo in presa diretta dalle pagine del Piccolo Corriere del Valdarno e della Valdelsa – una folla immensa di popolo si riversò alla stazione ferroviaria per ricevere la Banda di ritorno da Viareggio. Notammo una selva di fanali variopinti e di cartelli coi motti: w la Nuova Filarmonica, w il Maestro Falorni, w i Fratelli Cecchi. All’arrivo dei musicanti scoppiò un nutrito applauso e fra gli applausi fu accompagnata la Banda nel giro d’Empoli e fino al Municipio ed alla residenza sociale, mentre la premiata Filarmonica suonava liete marce, fra cui ‘Italia’ del compianto Maestro Giuseppe Cecchi, che tanto entusiasmo suscitò anche al concorso. Sappiamo che a Viareggio dopo la consegna dei premi, si volle che la nostra Musica percorresse la città al suono di allegre marce, fino alla stazione, ove fu fatta segno a vivi applausi e fu ossequiata dal comitato promotore del Concorso e dei festeggiamenti. è giusto rilevare il progresso insperato di questa Filarmonica, che ha saputo raggiungere uno dei posti fra otto bande toscane e rialzare così il buon nome artistico di Empoli.

Arno, il nostro amato fiume – di Leandro Piantini

20120912_092552Parlare dell’Arno? A pensarci bene non gli pare di aver mai avuto un grande interesse per l’Arno. L’aveva sempre guardato distrattamente – così si ricordava – di rado aveva camminato sulle sue rive, forse vi si era tuffato qualche volta da ragazzo ma nulla di più. Ma poiché doveva farlo cominciò a pensarci e stranamente si accorse che, se si concentrava su quel pensiero, ne trovava di cose da dire. Bastava guardarlo, il fiume, come si presentava a Firenze, ma doveva essere lo stesso anche altrove. L’impressione che dava era che non vi succedesse più niente, ma certo l’Arno aveva una lunga storia ed era nobilitato dal fatto che attraversava città come Firenze e Pisa, che di storia, di storia gloriosa, ne avevano avuta eccome.

Ora non capitava mai di vedere in quelle acque grigiastre nemmeno una barca, un barchino. E veniva da pensare come doveva essere stato nell’ottocento e anche dopo, fino a un cinquant’anni fa quando c’erano ancora le barche e i bagnanti stesi a prendere il sole.  Certo c’era stata l’alluvione del ‘66 ma quella era meglio non nominarla nemmeno. In quel tremendo quattro novembre l’Arno si era forse vendicato col suo terribile attacco di follia dell’abbandono e dell’incuria in cui era stato lasciato. E per forza si era parlato della sua mascalzonata in tutto il mondo. 

Empoli, scattata da Sandro Mori

Questa raccolta fotografica è veramente suggestiva, riesce a trasmettere un immagine positiva di un centro storico ormai decaduto. I complimenti…

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