Claudio Biscarini: Quando “Pippo” colpì a Empoli.
______________ Scriveva Libertario Guerrini nel suo libro: Il 22 gennaio ( 1944 n.d.a.) alle 23,15 altri 8 vetrai morivano e…
______________ Scriveva Libertario Guerrini nel suo libro: Il 22 gennaio ( 1944 n.d.a.) alle 23,15 altri 8 vetrai morivano e…
Fondo Caponi, Empoli, Volume 1 pagina 21: il Corpus Domini e la processione Indice: Foto n. 1 - Collegiata S. Andrea…
Fu la politica a decretare la fine del volo del ciuco, che per secoli era andato a gonfie vele sotto l’usbergo di santa madre chiesa.
Le prime avvisaglie di ostilità si ebbero ai tempi della prima occupazione francese, dopo l’insorgenza del “Vìva Maria” culminata nei disordini ben noti del maggio 1799.
A Empoli piovve allora, un po’ come vicario, un po’ come commissario del popolo, lo sfegatato giacobino sanminiatese Michele Bonfanti. Al suo avvento furono divelti dal palazzo pretorio e quindi distrutti gli stemmi in pietra o in terracotta invetriata che, nel corso dei secoli, vi avevano lasciato i podestà fiorentini e granducali. Si salvò solo quello di un Vanghetti (“pretore in patria” nel 1754), che fu recuperato e poi murato nella casa di famiglia a Prunecchio. Il colpo più grosso del Bonfanti fu quello di rimuovere il glorioso catorcio di palazzo Mangiadori, cioè quel trofeo guerresco che Cantino Cantini aveva portato giù da San Miniato nel 1397 e che aveva ispirato poi a Ippolito Neri la bùfala delle capre e dei lumicini all’origine dell’annuale usanza del volo asinino. Da un sanminiatese, giacobino per giunta, non c’era da aspettarsi altro.
C'era una volta una città dove, da quando è stato inventato il velocipede, ha sempre visto nel mezzo a due…
Ho diviso le foto in gruppi e per ognuno abbiamo fatto una ampia didascalia ragionata. Spero che queste immagini, oltre…
...o in Empoli volar pel Corpus Domini.... Ce l'hanno detto e ridetto, fin da piccini, rompendoci le palle, a noi studenterelli…
O studiar con impegno ed essere uomini, o in Empoli volar pel Corpus Domini (Antonio Guadagnoli) Il corteo storico partirà…
Stamani passeggiando dal ponte "vecchio" di sovigliana verso Piazza della Vittoria, tramite Via Pievano Rolando e Via Battifolle si può…
Fondo Caponi, Empoli, Volume 1 pagina 20: Busoni e Vanghetti Indice: Foto n. 1 - Casa natale di Ferruccio Busoni Foto…
Spesso, i fatti di cronaca ci riportano di alcuni delitti a cui non si riesce a dare né il movente…
EMPOLI. Il notaio Lorenzo Righi fu testimone oculare della fucilazione di Carlo Pineschi: “18 dicembre 1800, giovedì. Alle ore dieci…
Pubblicato su “Il Tirreno” il 21 marzo 2010
Sullo scorcio del Settecento, mentre in Francia imperversava la grande rivoluzione, Empoli si mostrò sempre ostile alle novità d’Oltralpe. L’astro napoleonico, in piena ascesa, non faceva né caldo né freddo ed era oscurato dall’energica predicazione del terribile e dottissimo abate Giovanni Marchetti, già famoso come “martello del giansenismo” e nemico giurato della dilagante cultura illuministica. La prima occupazione giacobina fu qui vissuta come un castigo di Dio.
Il ritorno “lungo” dei francesi, dopo l’intermezzo sconvolgente del “Viva Maria”, l’insorgenza del 1799 nella quale gli empolesi si erano bravamente distinti per foga reazionaria, cominciò nell’ottobre 1800, quando le armate repubblicane d’Oltralpe occuparono nuovamente la Toscana. Qui a Empoli, tanto per gradire, si segnalarono per i loro eccessi, i cisalpini del generale Domenico Pino, calati da nord per respingere una pericolosa incursione di borbonici napoletani, giunti fino a Poggibonsi.
Luigi Lazzeri, canonico della Collegiata e protostorico della città, ha fatto una cronaca inorridita della feroce passata di quella “schiuma del partito repubblicano di molti luoghi” (parole sue!).
I danni materiali e morali di quella occupazione furono rilevantissimi. A parte i guasti economici per il municipio, che dovette sostenere le spese, lo sconcerto e la paura dilagarono fra la popolazione, che vedeva in quei satanassi l’incarnazione del demonio.
C’è da chiedersi perché mai Renato Fucini, nei suoi ricordi, nulla dica a proposito dei propri ascendenti materni, mentre si profonde a narrare le vicissitudini dei parenti paterni. Eppure erano personaggi a dir poco interessanti e pittoreschi, con una storia familiare di tutto rispetto e, per certi versi, romanzesca.
Si comincia dalla bisnonna russa, una Carolina Timofieva Kaslaninova, figlia di un ammiraglio dello zar, madre della nonna Elìsabetta Carlotta Ricci, sorella del patriota livornese Giuliano Ricci e moglie del droghiere Giobatta Nardi, oriundo di Livorno, ma padrone di botteghe in quel di Empoli, repubblicano accanito in terra reazionaria, a cui il nostro municipio ha addirittura dedicato una strada nella frazione di Marcignana in riconoscimento delle sue pur discutibili benemerenze risorgimentali.
Il dottor David Fucini, medico venturiero, aveva sposato Giovanna Nardi, figlia maggiore di Bista (così veniva abitualmente chiamato il Giobatta). Dalla loro unione era nato Renato. Non sembra che il futuro Neri Tanfucio abbia nutrito soverchie simpatie per i parenti della madre. In effetti la famiglia Ricci, sebbene di buon censo, si segnalava per continue stranezze. La bisnonna russa era arcigna, nevrastenica e manesca, in una occasione aveva percosso piuttosto duramente la nuora, moglie del figlio avvocato Giuliano. I Nardi, poi, non erano da meno: Giobatta era sempre in lite con qualcuno e suo figlio Paolo, capo istruttore della banda municipale di Empoli, dava di matto al punto che il Tribunale collegiale di San Miniato, nel 1850, autorizzò il suo ricovero nel manicomio fiorentino di Bonifazio.
Non è azzardato concludere che Renato Fucini si vergognasse un po’ del lato materno della sua genitura. A sostenere questa ipotesi (che tale rimane) si aggiunge la morte tragica del prozio Giuliano Ricci, fin qui dimenticato dalle nostre parti e adesso riscoperto grazie al suo diario, ora integralmente pubblicato per le cure, attente e meticolose, del professor Mario Baglini (“Livorno 1848 — Le Memorie di Giuliano Ricci”, Livorno, Books & Company, ex Belforte, dicembre 2009, euro 30).
Da: Il Segno di Empoli, A. 4, n. 15 (ott. 1991) La storia della guerra, nei secoli, è sempre stata…
Una via, stretta e contornata da edifici spesso alti e che mostrano antichità. Forse meno frequentata delle altre del Giro…
Durante una recente presentazione di un mio volume, da parte di alcune persone del gentile pubblico presente si è equivocato sul fatto che sia il sottoscritto che il presentatore avessero giudicato il feldmaresciallo Albert Kesselring, comandante delle forze tedesche in Italia durante l’ultima guerra, al di là delle sue colpe morali, uno dei generali migliori che ci siano stati sul teatro di guerra della Penisola, assolutamente superiore per visione tattico-strategica ai suoi avversari.
Il generale Mark Clark in Piazza San Pietro a Roma il 5 giugno 1944
Chi scrive si sentì perfino di affermare che, se al posto del comandante della V armata statunitense e del comandante in capite del XV Gruppo di armate alleate in Italia, generale Harold Alexander ci fosse stato Albert il sorridente, come veniva definito dai suoi, la guerra molto probabilmente sarebbe passata dalla Toscana e da Empoli molto più alla svelta. Ovviamente, la storia non si fa con i se ma proviamo a giocare a creare una ucronia in tal senso: al comando delle truppe alleate c’è Kesselring che combatte contro i tedeschi guidati dal duo Alexander/Clark.
Visto le numerose richieste, ecco un quesito più difficile. Trattasi di uno stemma in pietra serena, sito in Centro storico…
Empoli fu bombardata dagli Alleati durante il II° conflitto mondiale, ma usando un linguaggio moderno, nel complesso furono allora operazioni…
Il nostro inviato dilàddarno Doc, ci ha teletrasmesso un set di foto sui ritrovamenti romani e dei relativi scavi archeologici siti in Via Palandri a Limite sull'Arno. Foto uniche perchè a breve i mosaici romani dovranno ahimè essere ricoperti di terra per consentirne una migliore conservazione a futura memoria.