Rara quanto formidabile, è testimoniata la cerimonia di un Corpus Domini e della composizione di…
Il Marchese Cosimo Ridolfi: per i 150 anni della fondazione dello stato italiano – di Giorgio Giustarini
Il marchese Cosimo Ridolfi fu senza dubbio il personaggio più importante della circoscrizione di Empoli nel periodo del risorgimento, sia come politico che come scienziato e agronomo. Nacque a Firenze il 28 novembre del 1794 da nobile famiglia originaria dal castello di Poppiano, stabilitasi a Firenze fin dal secolo XIII dove i discendenti occuparono sempre posti di grande rilievo sia nell’amministrazione pubblica che nel commercio.
Giovanissimo entrò nell’Accademia dei Georgofili (1813) dove conobbe e divenne amico dei più noti personaggi nella Firenze del tempo, Vieusseux, Lambruschini, Capponi ed assieme a loro sostenne l’istituzioni di scuole di mutuo insegnamento e fondò il “Giornale agrario”.
Nel 1825, il Granduca Leopoldo II lo nominò direttore della zecca dove apportò molte migliorie con basi scientifiche; voleva introdurre anche il sistema decimale già attuato dalla Francia post rivoluzionaria ma i fiorentini si opposero a quella novità. Ebbe più successo nel la fondazione di una Cassa di risparmio di Firenze col preciso intento di favorire gli investimenti in agricoltura.
Convinto sostenitore che in Toscana e nell’Italia intera le cose dovessero cambiare, che i vari stati allora esistenti nella penisola e di lingua italiana, dovessero affrancarsi dai domini stranieri per unirsi in unico stato democratico. La sua partecipazione ad eventi politici, avvenne in occasione dei moti carbonari del 1831, dove , al pari di Vincenzo Salvagnoli riconobbe leciti i moti, che invocavano fra l’altro una nuova costituzione come quella adottata in Francia dopo la rivoluzione del luglio 1830, dove si sanciva che l’autorità del sovrano si basava sulla sovranità nazionale e non più sul diritto divino.. Questa sua presa di posizione gli fece perdere le simpatie del Granduca Leopoldo II; lasciò Firenze e si ritirò nella sua tenuta di Meleto presso Empoli, che trasformò in una tenuta modello. Creò poi l’istituto agrario di Meleto. Raccolse le esperienze di avanguardia che nel campo dell’agronomia che erano presenti in Europa e le ripropose nel suo istituto a beneficio di tutti coloro che lavoravano in agricoltura, da i proprietari ai fattori, ai coloni più evoluti
Successivamente a questa esperienza fu eletto Gonfaloniere del comune di Empoli, (1840), poco dopo fu chiamato a presiedere il congresso degli scienziati che si teneva Firenze riaccostandosi cosi al Granduca che lo nominò istitutore del principe ereditario Ferdinando. Fu eletto presidente dell’Accademia dei Georgofili, incarico che mantenne fino alla morte avvenuta nel 1865 e titolare della cattedra di agraria all’università di Pisa. Nel 1847, fu nominato ministro degli interni e l’anno successivi primo ministro ma quando nel 1849 andò al potere il partito democratico del Montanelli, come il Salvagnoli, si ritirò dalla vita politica e tornò a Meleto dedicandosi completamente alle attività legate al miglioramento dell’agricoltura.
Tornò a Firenze soltanto ne 1859 quando fu chiamato a far parte del governo provvisorio come ministro dell’istruzione con l’interim degli affari esteri. Come deputato e come ministro votò per la decadenza della dinastia lorenese e si adoperò per facilitare l’annessione della Toscana allo stato di Vittorio Emanuele II. Come ministro, riformò le università di Pisa e Siena e favorì la trasformazione dell’istituto superiore di Firenze in università. Ad annessione avvenuta (17 marzo 1861) il nuovo Re lo nominò senatore del Regno e gli affidò la direzione del museo fiorentino di fisica e di storia naturale dove dedicò gli ultimi anni ai suoi studi prediletti.
In campo locale, come abbiamo già accennato, fu gonfaloniere del comune di Empoli dal 1840 al 1848. In questo periodo fu protettore pro tempore della Misericordia. Era presente all’assemblea del 29 luglio del 1841 quando la confraternita della Compagnia della Morte cessava di esistere per divenire una Compagnia della Misericordia, dove aveva avuto parte attiva per la realizzazione dell’evento. In quella occasione pronunciò un discorso programmatico, consono alla sua posizione di gonfaloniere illuminato. Riconobbe i buoni sentimenti della popolazione che era confluita numerosa nell’assemblea specificando che l’annessione alla grande associazione si era potuta realizzare grazie al “Paterno governo”; quindi passo in rassegna le istituzioni, la famiglia, la scuola, il Monte di Pietà, la Cassa di risparmio, concludendo che fra queste mancava l’istituto della carità e la Misericordia nasceva per colmare questa lacuna. Promise che avrebbe aperto alcuni asili cosa che mantenne nel periodo del suo mandato, affidandone la gestione alle donne della Misericordia che al momento erano escluse dal volontariato attivo. A distanza di due anni furono approntati dodici asili, uno per ogni parrocchia e su delibera del Magistrato della Misericordia, Governatore Tommaso del Vivo, la sorveglianza fu affidata alle consorelle della stessa Misericordia come era previsto, perché in quel tempo custodire i bambini quando i genitori erano assenti per lavoro era considerata un’opera di carità.
Per conto della Accademia scientifica Empolese, della quale fu sempre presidente onorario, di domenica mattina nella sede della Misericordia, tenne una lunga serie di lezioni di agraria alle quali parteciparono tecnici e proprietari di tutta la Toscana.
Su licenza del Marchese, le lezioni venivano messe a stampa dall’Accademia che vendeva anche negli stati limitrofi, traendone sostentamento economico per la propria sopravvivenza. Fu in questa occasione che il presidente dell’Accademia empolese, che contemporaneamente era anche Governatore della giovane Compagnia di Misericordia di Empoli, commissionò allo scultore Santarelli un busto in marmo raffigurante il Marchese affinché rimanesse a gloria perpetua di quel benefattore. Il busto adesso si trova nella sala del consiglio della Misericordia assieme ad altri quadri ad olio raffiguranti i personaggi più noti di quel tempo; il marchese Ricasoli, i fratelli Salvagnoli, il Marchese Ridolfi ed altri. Ciò fa pensare che anche le riunioni dell’Accademia si svolgessero nella stessa sala della Misericordia.
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